sabato 13 febbraio 2010

La sensazione di non essere più un kamikaze. Ecco la prima sensazione della seconda maratona. Ecco, magari non il vecchio esperto pioniere del West che apre le lattine con i denti, ma neanche con la sgradevole sensazione di essere una vittima sacrificale. Ecco in breve la differenza fra la prima e la seconda maratona. Oltre al fatto di non essere solo ma accompagnato da mio fratello, che chiameremo, per rispetto della privacy, con un nome di fantasia, Agostino.

Sono molto più allenato, con vestiti adatti e scarpe comprate appositamente per l'occasione. Solo la maglietta è da ciclista, perchè non posso mica smentirmi completamente.

Fa più freddo dell'anno scorso, e partiamo da casa mia valutando l'ipotesi di non partire con l'abbigliamento estivo. Certo quando abbiamo visto questo cielo abbiamo capito che la giornata sarebbe stata clemente.



La solita festante, ma vagamente preoccupata, folla di maratoneti ci accoglie a Mestre. Solita ressa per salire sulle navette, tre strappi e due distorsioni il bilancio. Io sono praticamente appollaiato su un sostegno e sembro una cacatua, mentre un tipo mi scambia per un pappagallo e cerca di insegnarmi qualche parolina, ma io sdegnato mi giro dall'altra parte.

Dopo questo agevole viaggio, arriviamo alla zona della partenza in ritardo, con pochissimo tempo per spalmarci di vaselina. No, non è una perversione dei maratoneti, serve per evitare irritazioni sulla cute. In partenza ho l'ennesima conferma che mio fratello è un cazzone. Si è messo i pantaloncini al contrario. Cerca in tutti i modi un angolo tranquillo per sistemarsi, riuscendo solo a farsi cazziare da un omaccione che tentava di evitare, con scarsi risultati, che Villa Pisani diventasse il pisciatoio più lussuoso del veneto.

In partenza c'è l'atmosfera di festa che avevo trovato l'anno scorso. È anche divertente vedere la stessa espressione un po' stranita che avevo io l'anno scorso, di un bambino al parco giochi. Le meraviglie della prima volta.

Finalmente si parte. Siamo intruppati in maniera clamoroso. Non riesco, ancora oggi, a capire come siamo riusciti a non accusare rotture di tendini e legamenti causati dai cambiamenti di direzioni pazzi e repentini.

Ma maciniamo chilometri e avversari in scioltezza. Grazie agli allenamenti costanti riusciamo ad arrivare al parco San Giuliano con una gamba ancora discreta. Affrontiamo il ponte della libertà, padre e madre delle paure della maratona di Venezia. Cominciano a vedersi persone a terra in fin di vita. Benone! Ma noi continuiamo senza pietà, né per gli altri atleti moribondi né per le nostre gambe martoriate. A dire il vero io comincio a sentirmi bene, dopo un periodo di appannamento. Entro a Venezia con lo sguardo di tigre. Il passo aumenta, in maniera lenta ma inesorabile. In effetti gli ultimi centro metri sono una vera e propria volata. Non che mi cambiasse molto arrivare davanti o dietro Agostino, ma conoscendolo mi avrebbe sfottuto a morte e, no, questo non potevo proprio permetterlo! Taglio il traguardo per primo, in realtà 1926°, 235° nella categoria amatori maschi, con il tempo ragguardevole, per modo di dire, di 3:41'57''. Bene! E che differenza di condizione con l'anno scorso! Non dico di essere fresco ma poco ci manca...

Agostino soffre la prima maratona. Distrutto, incapace anche di prendersi la pasta da solo, dopo la gara... Io mangio il mio piatto e quello che a lui non andava. Mangio di gusto, nonostante un gentile atleta che vomitava a due metri da noi... Mi sento fortunato ad essere in condizioni dignitose, decisamente. Mi evito persino gli svarioni nell'attesa, sotto il sole, del vaporetto.

E così anche quest'anno ci sono riuscito, anzi ci siamo riusciti!

E la prossima? Chissà... Gli impegni professionali (ho detto professionali?!) saranno particolarmente pesanti, e forse mi terranno lontani dalla maratona, ma... Mai dire mai... E poi l'anno prossimo si passerà da Piazza San Marco...